Anche quest'anno il workshop dedicato allo screening colorettale, organizzato dal CPO Piemonte in collaborazione con l'AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, ha offerto l'occasione per fare il punto sull'attività svolta fino ad oggi, rilevando luci e ombre della prevenzione secondaria del tumore del colon-retto in Piemonte.

Il protocollo di screening della Regione Piemonte è particolarmente innovativo.
Esso prevede l’invito a tutta la popolazione residente a effettuare una sigmoidoscopia (FS, Flexible sigmoidoscopy) all’età di 58 anni. Coloro che rifiutano possono optare per l’esecuzione del test per la ricerca del sangue occulto fecale (FOBT, Fecal occult blood test) ogni due anni, fino all’età di 69 anni. Le persone invitabili ricevono una lettera contenente la proposta di un appuntamento prefissato, modificabile, per la FS, o le indicazioni per ritirare in farmacia il kit per la FOBT.

“Questo approccio permette di offrire a tutta popolazione di età compresa tra 58 e 69 anni un test di documentata efficacia", ha dichiarato Carlo Senore del CPO Piemonte, aggiungendo: "i cittadini ai quali ci rivolgiamo possono esercitare una scelta tra due modalità, in base alle proprie preferenze personali; questa possibilità di scelta favorisce il raggiungimento in Piemonte di livelli di partecipazione simili tra gli uomini e le donne, contrariamente a quanto accade in altre regioni italiane che adottano un solo protocollo di screening”.

La FS permetterà, su un arco di 15 anni dall’avvio del programma, di prevenire l’insorgenza di circa 1500 casi di cancro colorettale. Questo trend determina un consistente risparmio sui costi del trattamento per questi tumori, stimabile, al netto dei costi di funzionamento del programma di screening, in più di 4 milioni di euro.

Mentre dunque la qualità del programma si mantiene elevata, i dati del 2014 evidenziano una crescente difficoltà a garantire la copertura della popolazione sull’intero territorio regionale.

Come ha sottolineato Nereo Segnan, responsabile CPO del coordinamento regionale del programma di screening Prevenzione Serena: “occorre considerare diversi fattori che contribuiscono a determinare l’incompleta copertura: la mancanza sia di un vincolo di destinazione all’utilizzo delle risorse per lo screening (destinate spesso a coprire altre voci di bilancio) sia della definizione di un assetto organizzativo (conseguente al riordino dell’assistenza territoriale ospedaliera) tale da garantire il coordinamento dell’attività di tutte le strutture e le discipline coinvolte nelle attività di screening e nel percorso diagnostico-terapeutico dei pazienti ".

Ha aggiunto Segnan: "vi è poi una quota consistente di esami che vengono prescritti ed eseguiti al di fuori dei programmi di screening, con indicazioni inappropriate e in assenza di controlli di qualità, determinando un utilizzo inefficiente delle risorse disponibili per la diagnosi precoce”.

”Affrontare queste criticità - ha concluso Segnan - dovrebbe rappresentare un obiettivo prioritario della programmazione regionale volta a ridurre le diseguaglianze territoriali nell’accesso, garantendo a tutti i cittadini i benefici raggiunti laddove l’attività del programma si è consolidata.”

Sul fronte della ricerca, infine, il programma piemontese si caratterizza per l’elevata qualità dell’attività in corso.
In particolare, negli ultimi anni è stato completato uno studio multicentrico di valutazione della colonscopia virtuale come test di screening primario, che ha coinvolto i dipartimenti di Torino, Biella e Novara, e sono stati avviati a Torino due studi di valutazione di tecnologie innovative: la video capsula del colon e un nuovo modello di endoscopio con tecnologia innovativa che garantisce una visualizzazione molto più completa e quindi, potenzialmente, una maggiore accuratezza dell’esame, rispetto agli endoscopi in uso.


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